
Giovanni Battista Girolomoni è il presidente della Cooperativa agricola Gino Girolomoni
In principio fu la terra. La sfida, ancora aperta, della cooperativa Gino Girolomoni
Gli inizi, cinquant’anni fa, nel monastero diroccato di Montebello. La sfida della qualità in un territorio marginale. E la costruzione di una realtà che oggi conta più di 300 aziende certificate. Giovanni Girolomoni raccontata la visione del padre Gino, pioniere del biologico
La Cooperativa agricola Gino Girolomoni di Isola del Piano, piccolo comune nelle Marche a 20 chilometri da Urbino, ha una storia legata all’uomo da cui prende il nome. Sono i primissimi anni ’70 quando Gino Girolomoni, giovane sindaco di Isola del Piano, comprende che il suo territorio sarebbe potuto ripartire solo passando da un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e dei saperi contadini. In quegli anni tutti fuggivano dalle campagne per andare a lavorare in fabbrica e quel territorio collinare non era appetibile per l’agroindustria.

Siamo in alta collina, oltre i 500 metri sul livello del mare, una zona che nel secolo scorso veniva definita “svantaggiata”. Eppure la sua amenità non lascia indifferenti, come dice il nome stesso della località dove tutto nacque, Montebello, da cui si scorge da un lato il mare di Cattolica e il monte Titano di San Marino e, dall’altro, la costa adriatica fino al Monte Conero. Racconta Giovanni Battista Girolomoni, classe ’83, secondogenito dei tre figli di Gino, tutti impegnati nel seguire le orme tracciate dal padre:
«Coltivare cereali per produrre pasta non è mai stato un fine ma un mezzo per creare economia in un territorio che rischiava di essere completamente abbandonato».
È lui oggi il presidente di questa Cooperativa legata a filo doppio con la storia del biologico in Italia: «In questa terra non c’è mai stata agricoltura chimica di sintesi. Dal 1977 quando i nostri genitori Gino e Tullia, insieme ad altri giovani di Isola del Piano, hanno fondato Alce Nero, è stata sempre praticata l’agricoltura biologica. Quando la cooperativa nacque infatti fu Ivo Totti, uno dei maggiori esperti in agricoltura biodinamica dell’epoca, a porre le basi per un’agricoltura sostenibile nelle Marche. Le fondamenta sulle quali sorse la cooperativa però sono state di tipo culturale perché prima di iniziare a coltivare la terra era stato intrapreso un percorso legato allo studio dell’antica civiltà contadina del luogo».
Praticare agricoltura biologica in quegli anni non era facile, visto che ancora non esistevano leggi in materia: «Per molti anni abbiamo avuto sequestri della nostra pasta integrale biologica. La normativa di allora da un lato non permetteva che si chiamasse “pasta” quella fatta con una semola integrale e, dall’altro, non c’era permesso scrivere “biologico” sulle confezioni perché, in mancanza di una normativa che certificasse il metodo produttivo, eravamo accusati di fare pubblicità ingannevole». Vendere in Italia, insomma, era veramente molto difficile e quindi la Germania è diventato il loro principale mercato di riferimento. Nei primi anni 2000 il marchio Alce Nero viene ceduto e nasce il marchio Montebello®. Poi dal 2012, con la prematura morte di Gino, la cooperativa prende il suo nome.
Guarda il video “Ascoltare la natura” sulla Cooperativa Gino Girolomoni prodotto da Wharehouse
«Oggi la nostra realtà comprende la Cooperativa agricola Gino Girolomoni, che dà lavoro a circa 60 persone e che si occupa di trasformare e commercializzare circa 10.000 tonnellate l’anno di pasta di grani antichi trafilata al bronzo e di grano duro, le cui materie prime vengono conferite dalle 300 aziende agricole biologiche che fanno parte della cooperativa agricola Montebello». Di queste 300 aziende il 40% è localizzato nella provincia di Pesaro e Urbino, il 20% nelle altre quattro province delle Marche e il restante si trova nelle regioni del centro e sud Italia. Un gruppo che coltiva con il metodo biologico circa 30.000 ettari di terreno e che ha complessivamente un giro d’affari di 14 milioni di euro. L’80% del fatturato proviene dai mercati esteri: Europa, America arrivando persino in Nuova Zelanda.

«Come cooperativa abbiamo scelto di non vendere alla grande distribuzione, né in Italia né all’estero» racconta Giovanni
«I nostri prodotti sono distribuiti attraverso i negozi specializzati nel biologico, tra cui Naturasì, le botteghe equo solidali e i gruppi di acquisto (Gas). A questi vanno aggiunti lo spaccio aziendale e due negozi uno ad Urbino e uno a Fossombrone». E come sono andate le vendite durante il lockdown? «La Provincia di Pesaro Urbino è stata fortemente colpita dalla Covid-19 e questo ha creato diversi problemi organizzativi. D’altro canto però il fatto di essere stati costretti a casa ha aumentato il consumo domestico e noi, in questi ultimi 6 mesi, abbiamo avuto un incremento del 30% del fatturato e avremmo venduto anche di più se avessimo avuto maggiore capacità produttiva».

Uno dei servizi che la cooperativa offre ai suoi soci agricoltori è la possibilità di acquistare i semi in maniera consociata e, se necessario, di anticipare il costo sostenendoli finanziariamente. Inoltre una pianificazione annuale basata sui fabbisogni produttivi permette loro di abbassare il costo di acquisto delle sementi che sono tutte, rigorosamente, biologiche. E per quanto riguarda i semi la cooperativa è tra i soci fondatori della Fondazione Seminare il futuro che ha l’obiettivo di ricercare varietà di piante adatte alle condizioni di coltivazione dei sistemi agricoli biologici, biodinamici e a basso impiego di mezzi tecnici oltre all’affinamento di tecniche colturali a basso impatto ambientale. Questo per colmare una lacuna del mercato che vede spessissimo produttori biologici dover acquistare in deroga semi convenzionali o semi per i quali solo l’ultima fare del processo produttivo è bio mentre le varietà ricercate dalla Fondazione sono gestite in maniera biologica in tutte le fasi di processo, dagli incroci alla selezione passando dalla moltiplicazione:
«Inoltre, come Cooperativa – riprende Giovanni Battista – cerchiamo di aiutare le aziende facendo convenzioni assicurative, anticipando i premi e potendo acquistare le materie prime a prezzi sicuramente più alti rispetto ai concorrenti».
Lo stimolo è anche ad andare oltre i requisiti minimi previsti dal Regolamento del biologico, per esempio tramite molti corsi tenuti da esperti e docenti universitari sulle tecniche di minima lavorazione. Le aziende che sono riuscite a tenere in piedi la stalla, ci spiega Giovanni, sono quelle che riescono a lavorare meglio in biologico, sia per la facilità delle rotazioni, erba medica alternata ai cereali, sia per le concimazioni fino ad arrivare ad una vera e propria chiusura del ciclo: «Purtroppo, però, molte aziende agricole hanno dovuto abbandonare l’allevamento perché è un settore sempre più difficile da gestire».
E l’agricoltura sostenibile passa anche dalle varietà di grani antichi che vengono coltivati dai soci. «È dagli anni 2000 che portiamo avanti un progetto per le paste fatte con varietà che altrimenti rischierebbero di andare perse» continua Giovanni. Si tratta in particolare di tre varietà di cereali recuperate dal passato: il Senatore Cappelli, varietà di frumento duro coltivato sulle colline marchigiane, poi il Graziella Ra®, un grano turanico che proviene da uno scavo archeologico in Egitto e prende il nome di una giovane uccisa dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale, coltivato esclusivamente a Isola del Piano e che dalle analisi condotte dal Dipartimento di biotecnologie alimentari dell’Università di Urbino, risulta essere particolarmente ricco di proteine, sali minerali, in particolare potassio, magnesio, fosforo e selenio, e di vitamine E, B6, B12 e B3. E per finire la Cooperativa coltiva e trasforma in pasta il Farro dicocco, un cereale antico ricco di principi nutritivi.

Per chiudere la filiera, nel 2019, è stato inaugurato il nuovo molino, adiacente al pastificio, che ha sostituito il piccolo molino a pietra che non riusciva a soddisfare le esigenze produttive della cooperativa, costretta a esternalizzare questa lavorazione. Il nuovo impianto, frutto della visione di Gino Girolomoni, è un moderno molino a cilindri dove sono stati adottati dei diagrammi di macinazione adatti alle esigenze di pastificazione della Cooperativa, che utilizza tanti tipi di grani e sfarinati diversi, rispettando la qualità organolettica e mantenendo i principi nutritivi grazie a un processo lento che non arriva mai a scaldare il prodotto. Molino e pastificio sono alimentati con energia rinnovabile grazie a pannelli fotovoltaici e all’acquisto di energia certificata e, per il fabbisogno termico, con un impianto a cippato alimentato da biomasse locali.
«Queste infrastrutture ci offrono l’opportunità di un maggiore controllo della qualità del prodotto in tutte le fasi produttive. E per una migliore conservazione dei prodotti ci siamo dotati di un magazzino costruito in legno seguendo i dettami della bioedilizia».
Guarda il documentario “La terra tradita” di Matteo Scanni
Perseguendo sempre l’obiettivo di ricostruzione del territorio è stato anche costruito un agriturismo nell’antico Monastero di Montebello, primo cenobio dei frati Girolamini, ristrutturato per l’accoglienza dei numerosi ospiti che vengono da tutto il mondo a visitare la cooperativa.
«Il monastero era abbandonato e i miei genitori, appena sposati, si sono trasferiti in questo luogo ed hanno iniziato un lavoro di ricostruzione che ha ridato vita a questo patrimonio storico. Io e i miei fratelli continuiamo il loro lavoro nella cooperativa: mia sorella Maria si occupa dell’accoglienza e delle pubbliche relazioni mentre mio fratello Samuele è impegnato nella gestione dell’azienda agricola di famiglia, di circa 60 ettari, in prossimità del pastificio».
Oggi Gino e Tullia non ci sono più, ma i figli e la comunità di persone che lavorano nella cooperativa sono il frutto della loro visione. Come disse Gino:
«Le visioni non si possono spiegare. Quando è ora si dicono, o si cantano, o si urlano…». E, come nel suo caso, si realizzano.
Scrive per noi

- Analista, facilitatrice, comunicatrice e ambientalista. Laureata in economia a Firenze con master in Ambiente alla Scuola Sant’Anna di Pisa, svolge l’attività di consulenza dal 2000. È tra le fondatrici, nel 2008 di Contesti e Cambiamenti. Organizzazione, comunicazione e partecipazione le sue aree di intervento. È curatrice di BiodinamicaNews, la newsletter dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica.
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